Il 20 aprile 2012 si è tenuta la conferenza su Pierfrancesco Giustolo a cura di Floriana Calitti, docente all’Università per Stranieri di Perugia, dove, dall’ottobre 2006, insegna “Letteratura italiana” e “Letterature Comparate” nei Corsi di Laurea e Laurea Magistrale. La professoressa è collaboratrice, dal 1992, del Dizionario Biografico della Enciclopedia Treccani, per il quale ha curato la voce relativa al Giustolo.
La docente ha illustrato ad un folto pubblico le linee generali della vita del letterato, evidenziando come non ci siano documenti che datino con certezza gli avvenimenti chiave della sua vita. Sappiamo che nacque a Spoleto intorno alla metà del secolo XV, con molta probabilità tra il 1440 e il 1450, in una famiglia annoverata al tempo tra le più importanti della città e che svolse il suo apprendistato alla scuola di Pomponio Leto, a Roma. Nell’agosto 1499 si trovava certamente a Spoleto quando Lucrezia Borgia vi si stabilì in qualità di Governatrice nominata dal padre Alessandro VI. L’anno successivo divenne storiografo e panegirista ufficiale di Cesare Borgia, che seguì nell’ascesa e nella caduta; in seguito alla sollevazione della città di Faenza contro il Valentino perdette gran parte degli averi, tra i quali anche molti dei suoi scritti. A quel punto, non più al servizio di Cesare Borgia, l’urgenza più immediata per il Giustolo era di ottenere una nuova protezione, che trovò nella famiglia Della Rovere, riuscendo a godere dei favori della figlia di Giulio II.
Sappiamo che negli ultimi anni della sua vita il Giustolo, oramai vecchio, si ritirò nel Viterbese, a Canino, di cui erano signori i Farnese e dove, con molta probabilità, concluse la sua vita; non conosciamo con esattezza la data della sua morte, che, comunque, dovette avvenire prima della fine di ottobre del 1511.
Un luogo che il Giustolo amò molto, una sorta di buen retiro in cui dedicarsi all’attività letteraria, fu la villa di Bazzano, vicino a Spoleto. Lì, nei momenti di pace, si consacrava “allo scrittoio”, cioè alla produzione letteraria intesa alla maniera ciceroniana, dedicandosi ad attività culturali, in particolare alle humanae litterae. La prof.ssa Calitti ha sottolineato più volte il carattere “ortodosso” della produzione di Giustolo, che mai scriverà in volgare, pur vivendo in un momento in cui si registrava il passaggio ad una scrittura che, per essere moderna, doveva essere in volgare. Egli, invece, preferirà tenere divisi i due aspetti: se da un lato, infatti, fu un cortigiano e dunque un uomo di mondo , dall’altro scelse di rimanere fedele alla tradizione rinascimentale, in cui l’otium è distinto dal negotium.
Ortodossia e modernità, dunque, caratterizzano la vicenda di Pierfrancesco Giustolo, intellettuale di prestigio, molto stimato dai contemporanei, testimone delle principali vicende storiche dei primi due decenni del XVI secolo, vissute in prima persona.